Teste di "vàgeri"
- Autore
- Lorenzo Viani
- Data
- inizio XX secolo
- Tecnica e supporto
- Carboncino e pastello su cartone
- Dimensioni
- 69 x 95,5 cm
- Collezione
- Galleria Crédit Agricole - Refettorio delle Stelline
- Ubicazione
- Sondrio
Lorenzo Viani si forma all'Istituto di Belle Arti di Lucca ma si formò in modo autodittatafece da sé, girovagando e disegnando. Incoraggiato, ancora ragazzo, da P. Nomellini e anche da G. Fattori, si stacca ben presto dalla pittura toscana di fine Ottocento; difatti l'accademismo in cui era caduto non si confaceva al suo carattere di libertario. Il soggiorno parigino del 1906 lo porta a conoscere i postimpressionisti e i sintetisti, anche se viene soprattutto influenzato da maestri del passato come H. Daumier e F. Goya, oltre che dall’espressionismo tedesco, più consono al suo temperamento crudo e tenebroso.
Rientrato in Italia allo scoppio della guerra, dal 1918 espone ripetutamente: nel 1920 vince il premio della Città di Venezia con La benedizione dei morti del mare (ora nel Palazzo podestarile di Viareggio); nel 1922 espone alla Primaverile fiorentina la serie dei Lebbrosi, rievocante una tenebrosa leggenda medievale.
Focus sull'opera
Tra i soggetti che predilige ci sono i barconi sulle solitarie spiagge della Versilia; la povera gente, , caratterizzata con pietà ma anche con simpatia; le Alpi Apuane, racchiuse in forme geometriche che ricordano Cézanne.
La gamma cromatica dei suoi lavori più maturi appare sempre molto castigata, espressa nei toni fondamentali dei neri intensi e dei bruni che formano l'intelaiatura della composizione con un disegno serrato ed essenziale.
Viani è anche un prolifico e anomalo scrittore che si fa conoscere con la biografia del poeta apuano Ceccardo Roccatagliata Ceccardi (1922) a cui seguirono racconti, prose di viaggio, impressioni e ricordi. La narrazione spregiudicata di vite e fatti umili ha spesso come protagonista la figura del “vàgero”, termine coniato da Viani stesso, di etimo incerto che indica una persona che conduce vita sregolata e bohèmien o anche talvolta, semplicemente disperata. L’uso del vernacolo e del gergo nella scrittura di Viani si riflette anche nella sua pittura, trasformando questi "vàgeri" in “maschere” dal profondo vigore psicologico, trasfigurandoli in protagonisti di una rapsodia popolaresca e ridotti a pura sensazione o grumo di colore.