Sala operatoria
- Autore
- Emilio Vedova
- Data
- 1938
- Tecnica e supporto
- Inchiostro e matita su carta incollata su legno
- Dimensioni
- 22,5 x 28,7 cm
- Collezione
- Galleria Crédit Agricole - Refettorio delle Stelline
- Ubicazione
- Milano
Nato a Venezia da una famiglia di artigiani-operai, Vedova aderisce giovanissimo al movimento antinovecentista di Corrente, e nel 1948 partecipa alla sua prima Biennale di Venezia, manifestazione che lo vedrà spesso protagonista. Nel 1952 gli viene dedicata una sala personale, e già nel 1960 riceve il Gran Premio per la pittura: infine nel 1997 gli viene assegnato il prestigioso Leone d’Oro alla carriera.
Figura di primissimo piano nell’ambito dell’Informale italiano, Vedova ha giganteggiato per oltre mezzo secolo nello spesso angusto panorama artistico nazionale: reso celebre già negli anni ’50 dai cicli Scontro di situazioni, Ciclo della Protesta, Cicli della Natura, ha sempre creduto nel dialogo tra le arti, che lo ha portato a collaborare due volte con Luigi Nono al Teatro La Fenice di Venezia per le scenografie e i costumi di Intolleranza ’60 (1961) e di Prometeo (1984).
L’inesausta ricerca formale - che lo ha condotto negli anni ’70 a realizzare i cicli Lacerazione e Carnevali, e negli anni ’80 i grandi cicli di “teleri” fino ai Dischi, Tondi, Oltre e …in continuum… - è stata accompagnata, a partire dagli anni ’70, da un’intensa attività didattica nelle Università americane e poi alla Sommerakademie di Salisburgo e all’Accademia di Venezia.
Vedova ricorda come le sue prime esperienze artistiche risalissero ancora alla prima infanzia, quando si recava in Piazza San Marco «a sorvegliare i pittori, a raccogliere le puliture delle loro tavolozze» per poi tornare a casa e dipingere con le dita: materia e tecnica pittorica sono sempre state alla base del suo fare arte, soprattutto quando i soggetti figurativi iniziano ad annegare nel vortice di quella stupefacente architettura di segni che è la sua pittura.
Praticamente autodidatta, l’artista veneziano si è confrontato fin dall’inizio con la sontuosa tradizione pittorica della sua città, bruciando le tappe e studiando con passione l’ultimo Tiziano e Tintoretto, poi Guardi; ma anche Rembrandt, Goya e Daumier.
Focus opera
Questa “sala operatoria” costituisce una di quelle rare opere giovanili, probabilmente di libera invenzione, che preludono alla transizione dello stile di Vedova dalla figurazione al periodo geometrico (1946-1950). Questo quadretto mostra già una certa scioltezza nel procedere alla costruzione della composizione mediante libere architetture di segni, nelle quali la predominanza del gesto va a determinare uno “spazio agito drammaticamente”, pur mantenendo ancora labili tracce di figurazione. Si tratta del preludio a quella pittura fatta solamente di luce, azione e spazio che, articolata in forme segniche e caratterizzata da una sprezzatura gestuale unica, consentirà a Vedova di creare i primi grandi cicli degli anni ’60.
Il bagaglio figurativo e stilistico accumulato negli intensi anni della formazione – in primis Tintoretto, ma anche la matrice dinamica di origine futurista – riemerge sotto forma di effetti chiaroscurali maculari, attraverso squarci luminosi e intersezioni di piani dinamici che decostruiscono lo spazio, il tutto organizzato mediante un cromatismo filamentoso ed energetico che si attesta su toni turchesi, cerulei e addirittura violacei laddove la trama del colore si infittisce.