Rocce

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Autore
Ennio Morlotti
Data
1981
Tecnica e supporto
Olio su tela
Dimensioni
51 x 70,5 cm
Collezione
Galleria Crédit Agricole - Refettorio delle Stelline
Ubicazione
Milano

Non finisce di stupire il volo parabolico che l’arte di Ennio Morlotti ha compiuto nell’arco breve dello scorso secolo. Sorta dalle ceneri del naturalismo postimpressionista e del chiarismo lombardo, la sua pittura si è, per certi versi, protratta e deformata fino a giungere agli esiti ultimi dell’Informale, dopo essere stata folgorata dall’esperienza della Guernica di Picasso. Sarà l’artista stesso a ricordare di averne portato delle riproduzioni agli amici più cari e di essere uno dei pochi artisti italiani ad averlo visto, quasi toccato davvero, quel dipinto-simbolo dal quale è partita la sua vicenda artistica ed esistenziale “contemporanea”. Quest’ esperienza non ha però condotto Morlotti a rifiutare in toto il bagaglio artistico maturato in accademia, soprattutto con Achille Funi, e il sostrato culturale e paesaggistico della propria terra d’origine. Tra Lecco e il fiume Adda, Morlotti ha infatti dipinto alcuni paesaggi che hanno cambiato radicalmente la lettura di quel territorio. Attraverso l’azzeramento della forma e un’indagine profonda – citando Merleau-Ponty – della “pelle del mondo”, l’artista lecchese, con la forza di un colore sintetizzato fino allo spasmo, ha riscoperto i luoghi dell’infanzia, da cui era fuggito per la disperazione di non essere compreso. Attraverso il paesaggio e i suoi così tipici compendi botanici fatti di ulivi, granturchi e cactus, egli ha concluso per sempre la stagione impressionista, restando al contempo l’ultimo dei naturalisti, come lo aveva definito Francesco Arcangeli.

Focus opera

In Rocce, la pittura pastosa e densa di Morlotti, umida com’è di ocre, vinacce, verdi e blu, erge un vera muraglia rocciosa contro un cielo lapislazzulo e indifferente: come commenta acutamente Marco Valsecchi, davanti ad opere come questa non si può che rimanere storditi come insetti presi dall’intrico.