Forme mère

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Autore
Victor Brauner
Data
1961
Tecnica e supporto
Olio su tela
Dimensioni
100 x 80 cm
Collezione
Galleria Crédit Agricole - Refettorio delle Stelline
Ubicazione
Milano

Nella nativa Romania, ai piedi dei Carpazi, Victor passa un’infanzia inquieta a guardare i tronchi che scendono lungo il fiume, a respirare segatura, ad ascoltare di notte i lupi e a spiare le sedute spiritiche organizzate dal padre. La sua vita, come la sua pittura, ha sempre conservato il senso inquietante del mistero e della premonizione.
Nel 1924 va per la prima volta a Parigi, rimanendo folgorato dall’opera di De Chirico. Nel 1931 vi si stabilisce definitivamente; riallaccia i rapporti di amicizia con Man Ray, Marc Chagall e Robert Delaunay, incontra il connazionale Constantin Brancusi e si sistema a Mountrouge nello stesso stabile in cui vivono Alberto Giacometti e Yves Tanguy.
Evocata dai ricordi infantili, la sua tendenza al fantastico è istintiva e connaturata. A differenza di altri surrealisti, la sua dimensione creativa è quindi sempre più magica ed esoterica piuttosto che onirica. André Breton lo ammira senza riserve proprio per quella sua propensione caratteriale, senz’altro legata alla cultura del paese di origine e all’indagine del paranormale.

Focus opera

Forme mère esplicita in maniera compiutamente formalizzata il modus operandi dell’artista fin dal sodalizio con i surrealisti: una necessità interiore che lo porta al rifiuto di ogni sapere razionale e all’abbandono di ogni riferimento a fatti circostanziali attraverso una tensione continua in direzione del “pensiero selvaggio”. Quest’opera appartiene all’ultimo periodo creativo dell’artista, forse realizzata durante i suoi lunghi soggiorni a Varengeville, nella vasta tenuta acquistata in Normandia. Si tratta probabilmente di un’opera prodromica a quella serie delle Mythologie et fêtes des mères che tanto hanno contribuito alla fama postuma dell’artista. La figura grottesca che domina la composizione, al di là delle fascinazioni decostruite e primitivamente sintetiche che gli derivano dall’arte precolombiana, appare elegantemente stilizzata in una silhouette che suggerisce un’improbabile compenetrazione dei generi maschile e femminile, simboleggiati da un vistoso fallo e da labbra muliebri. Anche qui, come in numerose opere prodotte dalla fine degli anni Quaranta, si può notare l’influenza di Paul Klee, generalmente trascurata dalla critica. Eppure l’immediatezza espressiva delle figure e la geometrizzazione degli ambienti cromatici ottenuta attraverso sottili variazioni ton sur ton lasciano pochi dubbi su un raffinamento della sua pittura, che risente del controllatissimo metodo compositivo messo a punto dall’artista elvetico.

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