Cenacolo

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Autore
Alessandro Pomi
Data
1931
Tecnica e supporto
Olio su tela
Dimensioni
165 x 215 cm
Collezione
Galleria Crédit Agricole - Refettorio delle Stelline
Ubicazione
Milano

Il raffinato tonalismo di Alessandro Pomi certamente affonda le proprie radici nella grande tradizione pittorica veneta, tramandata in Accademia da docenti quale il noto pittore Ettore Tito, che forma un’intera generazione di artisti tra cui Marussig, Korompay e Cagnaccio di San Pietro. Pomi completa la sua formazione artistica tra Monaco e Roma, e nel 1910 rientra nella città lagunare esponendo l’Opera Bevilacqua La Masa. Il soggiorno romano, in particolare, sembra avergli permesso di comprendere e assimilare l’esperienza novecentista; nel 1931 torna nella capitale per esporre alla Quadriennale e, nello stesso anno, si aggiudica il premio della giuria popolare al Carnegie Institute di Pittsburg.

Focus opera

Questo Cenacolo, dal largo impianto compositivo, ha avuto un’estesa fortuna espositiva, andando in mostra a Torino presso la Galleria Martina (1936) e alla Bottega d’Arte di Padova (1940). Lo si ritrova poi nel repertorio I pittori italiani dell'ottocento: dizionario critico e documentario di Agostino Mario Comanducci (1934), nel Carnegie Magazine del dicembre 1931, testimoniandone il passaggio statunitense.
Alcune assonanze con le atmosfere assorte e silenti di Edward Hopper, sostanzialmente suo contemporaneo, dimostrano una conoscenza del panorama artistico internazionale fra le due guerre non comune tra gli artisti italiani. Le tonalità basse e polverose della sua pittura permettono a Pomi di costruire l’organizzazione scenica del dipinto in maniera quasi architettonica, con efficaci intersezioni tra piani e superfici. Questo affascinante ed enigmatico Cenacolo descrive un immoto interno borghese che, illuminato da una luce artificiale, accoglie sei figure, ognuna assorta nella propria solitudine. I cinque uomini attorno al tavolo e la donna assisa all’estrema destra del dipinto rassomigliano alle figure di un fregio che si organizza longitudinalmente, nel segno del classicismo naturalista, particolarmente in voga in Italia tra gli anni Venti e Trenta. L’atmosfera smorzata e intimista che permea il dipinto sembra ricordare anche gli interni con gruppi di figure del francese Henri Fantin-Latour (1836-1904), grande interprete del mondo intellettuale e borghese al declino del Secondo Impero.