21 luglio
- Autore
- Velasco
- Data
- 1990
- Tecnica e supporto
- Olio su tela
- Dimensioni
- 161,5 x 201,5 cm
- Collezione
- Galleria Crédit Agricole - Refettorio delle Stelline
- Ubicazione
- Sondrio
A metà luglio 1987, dalle latitudini artiche, una grande massa di aria fredda scese verso l’arco alpino, sul quale stazionava una massa di aria molto calda e umida. La pressione si abbassò bruscamente, ma le temperature rimasero elevate. Dopo un periodo di forti piogge, che interessano tanto il fondovalle come i ghiacciai più alti, il 18 luglio alle 17.30 nel paese di Tartano un'enorme massa di acqua e fango si abbatté sul condominio La Quiete tranciandolo a metà. Aveva così inizio la più grave alluvione valtellinese in epoca storica, che fece decine di morti e ridisegnò per sempre il paesaggio di fondovalle.
Velasco in quell’occasione aveva realizzato in vari punti della vallata una serie di acquerelli e schizzi, tutti presi dal vivo; alcuni riguardavano particolari scorci urbani o naturali devastati dalla furia dell’acqua, altri comprendevano brani paesaggistici di più ampio respiro, quasi a volo d’uccello. Il paesaggio – spesso considerato un genere pittorico innocuo, depotenziato e addirittura decorativo – aveva acquistato, attraverso la serie di dipinti ricavati da questi fogli, una carica polemica assolutamente inedita e ciò avveniva, tuttavia, senza che l’artista tentasse di essere forzatamente realistico o descrittivo. Il paesaggismo di Velasco appare per certi versi “cugino” a quello di Turner, il grande artista ottocentesco che aveva raccontato la realtà e addirittura i fatti di cronaca attraverso la trasfigurazione dei dati reali medesimi.
Focus sull'opera
La materia pittorica di Velasco appare allo stesso modo umorale, macerata e iridescente. Il segno si raggruma e si disfà, non limitandosi a registrare un avvenimento ma interpretando e sublimando i segni della natura e della meteorologia. Velasco racconta di una nuova, diversa bellezza nella tragedia: un aprés le déluge che riannoda rapporti forse mai veramente interrotti con la tradizione del paesaggismo lombardo, e con Leonardo, infine, e con le sue visioni di tempeste e diluvi, appunto.