Vigneto: le tante variabili che fanno la sostenibilità
Dalle lavorazioni del terreno alla fertilità del suolo, dall’irrigazione alla difesa, dalla gestione della chioma alla scelta delle varietà più vocate rispetto al territorio, fino alla vendemmia e ai processi di vinificazione. Sono molteplici le variabili che incidono sulla sostenibilità ambientale di un’azienda vitivinicola, caratteristica sempre più importante per i consumatori di tutto il mondo. Di certo la viticoltura italiana può già vantare numeri importanti: il 18% della produzione è certificata biologica e circa 76.000 ettari di vigneti rispettano lo standard Equalitas. E di recente proprio Equalitas e Federbio hanno siglato un accordo che intende sostenere un approccio integrato e condiviso da istituzioni, imprese e operatori del settore vitivinicolo sul tema della sostenibilità.
Ma questo non basta, dato che la vite è una delle colture che richiede maggiore attenzione per quanto riguarda i trattamenti fitosanitari, tanto che nei vigneti si utilizza circa un quarto del totale degli agrofarmaci venduti in Italia.
La corretta gestione del suolo è uno dei paradigmi che fanno la differenza nella sostenibilità del vigneto. C’è ad esempio la tecnica degli inerbimenti polifunzionali, caratterizzati dalla semina di miscugli di essenze diverse di graminacee e leguminose da calibrare a seconda delle condizioni pedoclimatiche e consociative di riferimento, tenendo conto, per ogni specie erbacea, di velocità di insediamento, effetto di competizione, frequenza di taglio, persistenza, ecc. Una gestione ragionata che può portare vantaggi anche in termini di valorizzazione dei servizi ecosistemici.
Secondo uno studio condotto presso la Penn State University è emerso che i consumatori statunitensi (il 72% di un campione di 956), sono disposti a riconoscere un sovrapprezzo per bottiglie ottenute da vigneti inerbiti, in virtù di un effetto sostenibilità percepito con chiarezza.
Altra leva su cui agire per diminuire l’impronta ambientale nella coltivazione della vite è l’utilizzo dell’acqua. I fronti sui quali agire per ottimizzare i consumi idrici del vigneto sono molteplici, dalla scelta dei portinnesti più performanti in ambienti siccitosi alla gestione corretta della chioma, tenendo in debita considerazione il fatto che le superfici fogliari ampie, oggi spesso ricercate per proteggere le uve dalle scottature, dissipano grandi quantità di acqua. Per ottimizzare l’impiego delle risorse idriche gli esperti consigliano di misurare la variabilità spaziale dei suoli vitati, costruire mappe di stress idrico e gestire oculatamente le parcelle più a rischio.
Anche le macchine impiegate in vigneto possono influire non poco nel bilancio complessivo delle emissioni. Premesso che i vigneti italiani sono caratterizzati da una grande variabilità di condizioni pedoclimatiche, una buona soluzione può essere l’utilizzo di una trattrice di medie caratteristiche, da 70/80 Hp, cabinata, con doppia trazione ed eventuale sollevatore anteriore. Ovviamente queste sono scelte che può effettuare l’azienda che affida la vendemmia a una macchina semovente o a un terzista e utilizza un’irroratrice ad aeroconvezione.