


“Biodiversità” è una parola difficile, ma indica una cosa semplicissima. E delicatissima. Vale a dire, tutto ciò che è vita sul pianeta Terra. È infatti l’insieme degli organismi viventi e degli ecosistemi di cui essi fanno parte, oggi messi a dura prova. La pubblicazione, a maggio 2019, di un primo – ed estremamente preoccupante – rapporto di valutazione sugli ecosistemi globali ha richiamato l’attenzione del pubblico, delle autorità e delle imprese su un fenomeno che è stato a lungo considerato di importanza secondaria.
Dal cambiamento climatico alla perdita di biodiversità
La consapevolezza del pericolo che minaccia il pianeta è gradualmente cresciuta con la pubblicazione regolare, a partire dal 1990, dei rapporti dell’IPCC (il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici o, in inglese, Intergovernmental Panel on Climate Change). Il lavoro di questa comunità di esperti si concentra sul cambiamento climatico, ma trascura l’impatto sulla biodiversità. Abbiamo dovuto attendere quasi trent’anni per il primo rapporto sul tema, a cura della Piattaforma intergovernativa scienza-politica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (Intergovernmental Platform on Biodiversity and Ecosystem Services, o IPBES).
Un primo rapporto “estremamente allarmante”, afferma Marina Levy, oceanografa specializzata in clima e biodiversità del Centro Nazionale di Ricerca Scientifica (CNRS). “Il declino della biodiversità continua ad accelerare. Le specie stanno scomparendo a un ritmo spaventoso”.
Secondo il rapporto, i principali fattori che stanno determinando la perdita di biodiversità sono il degrado del territorio e la distruzione degli habitat, lo sfruttamento non sostenibile delle risorse, l’inquinamento, i cambiamenti climatici e le specie invasive.
A parte il caso di alcune specie (in particolare il corallo rosso), il cambiamento climatico non è attualmente la causa principale di questa perdita. Tuttavia, le proiezioni mostrano che lo diventerà nei prossimi 15-20 anni. Mentre il deterioramento del clima ha un impatto diretto sulla biodiversità, il rapporto evidenzia anche l’interconnessione tra cambiamento climatico e biodiversità.
Cambiamento climatico e biodiversità sono interconnessi?
Sì, cambiamento climatico e perdita di biodiversità sono intrinsecamente interconnessi, per due ragioni:
Alla base di entrambi i fenomeni ci sono le attività umane, che hanno pesato e pesano sia in modo diretto sia in modo indiretto.
Perché la biodiversità è così importante?
Perché un ambiente sano produce di più e meglio. Pensate: la produzione agricola, il cui valore nel 2016 era stimato a 2,5 trilioni di dollari, è triplicata dal 1970, ma il degrado dei terreni ha ridotto la produttività del 23%. Non solo: tra i 235 e i 577 miliardi di dollari di produzione agricola globale annuale sono a rischio a causa del declino degli impollinatori[1]. Tanto per ribadire il ruolo fondamentale delle api.
E mentre la produzione incontra non poche sfide, la popolazione mondiale aumenta: risale allo scorso novembre la notizia del superamento di quota 8 miliardi di abitanti sulla Terra[2]. Miliardi di individui che hanno diritto a cibo sano e nutriente. Ma non possiamo più produrlo a scapito della biodiversità. Anche perché la perdita di biodiversità rappresenta un rischio significativo per la salute umana.
Quanti di voi hanno visto il film “Contagion”?
È una pellicola del 2011 di cui si è molto parlato nel 2020, quando è esplosa la pandemia di Covid-19. Con accuratezza scientifica, racconta la nascita e l’ascesa di una pandemia globale. Le pale meccaniche di una ruspa abbattono alcune palme da banana in una foresta nei pressi di Hong Kong. I pipistrelli che se ne stavano pacificamente tra le fronde volano via e si rifugiano nel capannone di un allevamento di maiali. Un pezzo di banana cade dalla bocca del pipistrello e un maialino prontamente lo mangia. Nel momento in cui il maialino passa dalla stalla alla tavola, il virus entra in contatto con quella che diventerà la paziente zero.
Quasi tre quarti delle malattie infettive emergenti nell’uomo hanno avuto una genesi analoga: Ebola, Aviaria, SARS e HIV. In pratica, strappando pezzi di terreno alle specie che li abitano, non facciamo altro che accorciare le distanze tra noi e il prossimo, più o meno letale, agente patogeno. Morale della favola: più l’ambiente si deteriora, più probabili diventano le pandemie. Non solo.
Mantenere la biodiversità fa bene alla salute
Nel momento in cui assorbe l’eccesso di biossido di azoto, ozono e particolato, la vegetazione diventa la nostra alleata numero uno: un gigantesco purificatore d’aria naturale, che dobbiamo solo sforzarci di mantenere. L’alternativa sono i circa 4,2 milioni di persone che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità[3], perdono ogni anno la vita a causa dell’inquinamento atmosferico.
Ultimo, ma non per importanza: il verde ci protegge dai fenomeni climatici. Un esempio sono le mangrovie, che forniscono protezione dalle inondazioni contro eventi cronici come i cicloni tropicali.
Per molto tempo abbiamo perseguito crescita economica e prosperità, anche a scapito della biodiversità. Siamo però in prossimità di un cortocircuito: la perdita di biodiversità provocata dalle attività umane, in nome della crescita, comporta gravi rischi per la stabilità economica. Lo studio “Changes in the global value of ecosystem services” apparso sulla rivista Global Environmental Change[4] evidenziava, già nel 2014, come il declino della biodiversità abbia generato perdite finanziarie fino a 20.000 miliardi di dollari all’anno tra il 1997 e il 2011. E il rapporto 2022 sui rischi globali del World Economic Forum identifica la perdita di biodiversità tra i primi tre rischi in ordine di gravità per il prossimo decennio.
La conclusione, quindi, è una e una sola: fermare la perdita di biodiversità conviene anche alle imprese, che in questa lotta possono scoprire redditizie opportunità. Ma per realizzare tali opportunità servono investimenti significativi: il World Economic Forum ha stimato il fabbisogno di investimenti in circa 2.700 miliardi di dollari all’anno fino al 2030. Sono tanti? Il giusto prezzo, potremmo dire. Soprattutto se pensiamo che non fare nulla è ben può costoso: solo la pandemia di Covid-19 è valsa circa 10.000 miliardi di dollari di mancato PIL nel periodo 2020-2021[5].
La biodiversità non è diversa da qualsiasi altra questione ambientale: data la portata della sfida, la risposta deve essere collettiva. Insieme alle autorità pubbliche, le imprese devono svolgere un ruolo di primo piano nella conservazione della biodiversità.
Ma anche il mondo della finanza può fare la sua parte. Con un maggiore set di informazioni a disposizione, gli investitori possono mobilitare le loro risorse finanziarie dando la loro preferenza alle aziende che non tentennano ma si danno realmente da fare per offrire soluzioni concrete di contrasto alla perdita di biodiversità.
Le scelte degli investitori possono fare da pungolo e spingere le aziende verso un maggiore impegno. Vale anche per i piccoli investitori, che possono orientarsi su fondi esposti a società il cui impegno è serio e comprovato. Sempre, naturalmente, con la guida di un consulente finanziario.
[1]https://www.weforum.org/agenda/2016/02/to-bee-or-not-to-bee-11-reasons-pollinators-matter/
[2]https://www.un.org/en/dayof8billion
[3]https://www.who.int/health-topics/air-pollution#tab=tab_1
[4]https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0959378014000685
[5]https://www.economist.com/finance-and-economics/2021/01/09/what-is-the-economic-cost-of-covid-19