Come investono gli italiani?
Circa la metà degli italiani dichiara di provare almeno un po’ di ansia pensando alla propria situazione finanziaria personale, come emerge dall’edizione 2018 dell’indagine Consob su “Le scelte di investimento delle famiglie italiane”. E allora, che cosa fa? In realtà, poco. Le ragioni sono tante: incertezza a livello politico ed economico, scarsa fiducia nelle istituzioni finanziarie, competenze limitate in materia di investimenti. Fatto sta che i risparmiatori italiani continuano a non investire (o a investire poco) la ricchezza accumulata, che invece si mantiene stabile su livelli significativi. Non solo: quando anche decidono di investire i propri risparmi, tendono a prediligere prodotti poco redditizi ma considerati sicuri
L’indagine Consob
È questo il quadro tratteggiato appunto dall’ultima indagine della Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane (1), secondo cui a fine 2017 il tasso di partecipazione al mercato finanziario si attesta nel nostro Paese al 29%, con una preferenza per i depositi bancari e i prodotti postali, seguiti da fondi comuni e titoli di Stato.
Una fotografia che conferma l’esistenza di un divario significativo tra Italia ed Eurozona per quanto riguarda le scelte di portafoglio: in particolare, in Italia scarseggiano gli investimenti assicurativi e previdenziali. Non solo: il Belpaese è all’inseguimento degli altri principali Paesi europei anche nell’utilizzo di strumenti di pagamento digitali.
Le conoscenze finanziarie
Uno dei motivi alla base della scarsa propensione a investire degli italiani risiede nella poca confidenza con il mondo finanziario. Stando all’indagine Consob – che ha coinvolto un campione di 1.601 individui, rappresentativo dei decisori finanziari italiani – in media un intervistato su due non sa definire correttamente nozioni finanziarie come inflazione, mutui o diversificazione, e la percentuale di risposte corrette scende al di sotto del 25% per le nozioni più avanzate, come rischiosità di un’azione o correlazione tra tasso d’interesse e prezzo di un’obbligazione.
A dispetto di ciò, in genere i risparmiatori tendono a sopravvalutarsi, ritenendo di possedere buone competenze finanziarie: nel complesso, solo il 25% del campione si dice intenzionato ad allargare le proprie conoscenze sia in maniera generica sia in maniera specifica (ossia entro un anno).
Venendo infine agli strumenti finanziari, i più conosciuti sono i conti correnti bancari o postali e i titoli di Stato (questi ultimi indicati dal 54% del campione), mentre meno del 15% conosce derivati e PIR. Oltre il 60% degli intervistati, poi, non ha mai sentito parlare di investimenti etici e socialmente responsabili (SRI).
Sul fronte dell’approccio all’investimento, la maggior parte del campione mostra un’elevata avversione alle perdite e dichiara di non essere orientata all’assunzione di rischio. Queste attitudini sono più frequenti all’aumentare dell’età e della propensione all’ansia finanziaria, mentre sfumano al crescere delle conoscenze finanziarie e della ricchezza.
La domanda di consulenza finanziaria
Anche il valore attribuito alla consulenza professionale è piuttosto limitato: il 37% degli intervistati è convinto che si tratti di un servizio gratuito, mentre il 45% non sa se il consulente venga retribuito. In ogni caso il 50% circa non è disposto a pagare per il servizio.
Così quando anche decidono di investire i propri risparmi, nella maggior parte dei casi i risparmiatori italiani preferiscono chiedere consiglio a conoscenti o familiari piuttosto che affidarsi a una figura professionale competente.
In questo modo, però, si corrono due grandi rischi: fare investimenti sbagliati legati alla moda e al “fai da te”, oppure non investire del tutto, non tutelando così il proprio tenore di vita per effetto dell’inflazione e della diminuzione delle tutele offerte dai servizi c.d. di welfare.
Si rischia inoltre di perdere delle opportunità per raggiungere obiettivi importanti per se o per i propri cari. Questo è il campo in cui la “consulenza finanziaria”, anche valutando le esperienze di altri paesi europei e americani, può essere la scelta giusta per costruire una soluzione che permetta di realizzare i propri progetti di vita, in coerenza con la propria situazione finanziaria e reddituale, differenziando gli investimenti a seconda degli obiettivi e orizzonti temporali.