Vitigni Piwi, Tea o selezione clonale?
Vitigni Piwi, Tea, selezione clonale non sono tecniche in competizione tra loro, bensì forme diverse di miglioramento genetico per aumentare ed esaltare la biodiversità viticola. Tutte e tre possono contribuire al rinnovamento varietale nella viticoltura da vino e da tavola italiana, come è emerso da un convegno organizzato dall’Accademia italiana della vite e del vino e dal Gal Sud-Est Barese a Rutigliano (BA), cuore della produzione pugliese dell’uva da tavola.
In Italia le varietà Piwi, resistenti alle malattie fungine (peronospora, oidio, marciume nero), sono già ammesse in dieci regioni (Piemonte, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Marche, Lazio, Abruzzo e Campania) e si attende l’autorizzazione in Puglia.
Nel nostro paese l’andamento degli innesti delle varietà Piwi è in crescita: 200 sono i produttori e 364 i vini ottenuti, principalmente nelle regioni (Veneto, Trentino-Alto Adige, Lombardia e Friuli) la cui vicinanza con i centri di breeding ha permesso di far conoscere ai viticoltori le loro potenzialità in termini ecologici ed economici, grazie alla riduzione dei trattamenti fitosanitari. Naturalmente le viti resistenti non sono immuni, hanno una risposta all’infezione del patogeno, ma, come la vite ha selezionato resistenze, così il patogeno può farlo a sua volta. Perciò tutti i centri di breeding stanno lavorando per la piramidazione di loci di resistenza a peronospora e oidio mediante un processo ottimizzato di selezione assistita da marcatori molecolari.
Mentre con i Piwi si ottengono nuove varietà con un genitore nobile al quale si cerca di avvicinare sempre di più la qualità della produzione, con le Tea si ricavano cloni delle varietà di partenza. In pratica le Tea, che sono l’evoluzione della mutagenesi (naturale o indotta) casuale e consistono, quindi, in una sorta di mutagenesi biologica guidata, consentono di ottenere un clone nuovo di una varietà conosciuta che, ad esempio, riesce a resistere almeno a una malattia.
All’ampliamento della biodiversità viticola e al miglioramento della qualità dei vitigni contribuisce anche la selezione clonale che è insita nella coltivazione della vite. Ogni viticoltore ha sempre selezionato il meglio che aveva nel proprio campo e l’ha coltivato. Un clone rappresenta la progenie vegetativa di una singola vite e si sviluppa in prevalenza da mutazioni naturali spontanee che avvengono casualmente in una vite. Perciò la selezione clonale sfrutta e valorizza la variabilità genetica intravarietale della specie “fissando” le mutazioni attraverso la propagazione vegetativa. L’obiettivo è poi identificare gli individui le cui caratteristiche fenologiche, produttive, qualitative e di suscettibilità o tolleranza alle malattie, sono state modificate in senso positivo rispetto ai fini della selezione.