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Chi diversifica guadagna di più

Le aziende agricole specializzate in colture permanenti hanno una maggiore stabilità nella redditività operativa rispetto a quelle che coltivano colture non permanenti, soprattutto durante periodi di inflazione elevata.

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Le aziende agricole specializzate in colture permanenti hanno una maggiore stabilità nella redditività operativa rispetto a quelle che coltivano colture non permanenti, soprattutto durante periodi di inflazione elevata. E quelle che diversificano le loro attività, come ad esempio le imprese zootecniche che investono nelle bioenergie, possono vantare una redditività del capitale dedicato alla realizzazione di impianti a biogas o biometano di 14 volte superiore a quello delle stalle che non hanno creduto su questo filone. E ancora, le aziende condotte da imprenditori under 40 sono più propense all’innovazione, agli investimenti in macchine e attrezzature per migliorare l’approccio alla sostenibilità e alla produttività, oltre a credere maggiormente nel biologico e nella Dop economy.

Sono alcune delle evidenze emerse dal secondo Rapporto “Agricoltura tra innovazione e sostenibilità” realizzato dall’Invernizzi Agri Lab di Sda Bocconi School of Management in partnership con Crédit Agricole Italia e pubblicato da Edagricole. Nel campione di 800 aziende zootecniche tradizionali esaminato, quelle di dimensioni medio-grandi presentano in media performance economico-finanziarie migliori rispetto a quelle più piccole. Difatti, il valore medio dell’indice di redditività aziendale è risultato superiore al 3% negli allevamenti più grandi (ricavi superiori a un milione di euro) e per le aziende medie (ricavi compresi tra 100mila e un milione di euro) e prossimo allo zero per le stalle più piccole (ricavi inferiori a 100mila euro). Inoltre, gli allevamenti di maggiori dimensioni mostrano in media un più alto grado di sostenibilità finanziaria. Mentre, tra le 162 aziende zootecniche prese in esame dall’indagine che hanno investito in bioenergie, la redditività del capitale investito in questo filone è risultata 14,6 volte superiore a quello delle aziende che non hanno investito.

Secondo gli autori dello studio, l’investimento in bioenergie porta enormi benefici per il conto economico e crea nuove linee di ricavo molto più stabili di quelle dell’agricoltura tradizionale, influenzate da incognite come clima e volatilità dei mercati. Inoltre, porta benefici per la riduzione dei costi di produzione: 79,58% contro 52,65%. La ricerca conferma un quadro noto rispetto alla presenza dei giovani in agricoltura: sono in numero contenuto, allineato alla media europea. Ma gli imprenditori agricoli italiani under 40 sono più istruiti e formati rispetto ai colleghi più anziani, hanno un forte orientamento all’innovazione e la conduzione agronomica delle loro aziende è orientata alla riduzione dell’impatto ambientale, c’è una forte componente di biologico e una propensione a investire in macchine e attrezzature per migliorare l’approccio alla sostenibilità e all’innovazione produttiva. Le aziende giovani sono anche più multifunzionali e puntano di più sulle colture permanenti.

Un altro aspetto analizzato dal rapporto è la propensione all’indebitamento delle aziende agricole. I dati mostrano che a partire dal 2020 c’è stata una crescita del debito, soprattutto di breve termine. Le imprese agricole hanno dovuto ricorrere sempre più di frequente al finanziamento immediato per far fronte alle conseguenze economiche generate da shock esogeni. L’indebitamento a breve termine è diventato uno strumento essenziale per sostenere le operazioni quotidiane, garantire la continuità delle attività e affrontare gli imprevisti. Dalle elaborazioni gli analisti hanno ricavato due considerazioni principali: la maggiore stabilità economia e solidità in prospettiva delle aziende multifunzionali e l’ottimizzazione della gestione del capitale circolante, visto finalmente come risorsa per sostenere l’attività e indirizzare l’azienda nel corretto sentiero di sviluppo.