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Attualità

Italiani e investimenti, un rapporto ancora difficile

È uno dei dati emersi dall’ultimo report Consob, secondo cui nel 2018 solo il 30% degli italiani possiede almeno un’attività finanziaria. Siamo sempre più in là con gli anni e prudenti: con quali effetti?
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Gli italiani continuano a essere un popolo di risparmiatori, ma nel 2018 hanno tirato il freno sugli investimenti (le attività finanziarie si sono contratte del 3,1%). Il motivo? Un misto di sfiducia nella situazione economica e nel sistema finanziario, condito con l’ormai nota mancanza di cultura finanziaria. Insomma, “l’alunno ha un ottimo potenziale, ma non si applica”. È questo, a grandi linee, il quadro tratteggiato dall’ufficio studi Consob nell’ultimo rapporto dedicato al tema “L’approccio alla finanza e agli investimenti delle famiglie italiane”, che raccoglie i dati relativi a un campione di 3.058 individui, rappresentativo dei decisori finanziari del Paese.


Sempre più senior e molto prudenti

A livello demografico, la popolazione del Belpaese registra un’età mediana leggermente più elevata rispetto a quella europea, comunque interessata da un progressivo invecchiamento: se nel Continente è passata dai 40 anni del 2007 ai circa 43 anni del 2017, con il 22% di over 65 attesi nel 2025, in Italia si attesta a 46 anni, con una quota di persone oltre i 65 anni che dovrebbe toccare, nel 2025, il 25% del totale.

Un dato che influisce sul tasso di dipendenza degli over 65 dalla popolazione in età lavorativa (in Italia è il 35%, contro il 31% della media europea) e, in modo più marginale, sulle limitate competenze digitali degli italiani, con un utilizzo di web ed e-commerce inferiore rispetto alla media del Vecchio Continente.

Infine, secondo gli indicatori attitudinali elaborati sulla base dell’autovalutazione individuale, la maggioranza degli italiani si conferma avversa al rischio e alle perdite, con circa due terzi degli intervistati che non investirebbe in un prodotto con una possibilità – anche minima – di perdita del capitale.


Conoscenze finanziarie? Ancora poche

Fin qui il quadro generale. Ma come si comportano gli italiani quando si parla di investimenti? A fine 2018, spiega il rapporto Consob, solo il 30% delle famiglie italiane dichiara di possedere almeno un’attività finanziaria, rappresentata principalmente da fondi comuni e titoli di Stato italiani, rispettivamente nel 26% e nel 18% dei casi. I maggiori deterrenti all’investimento citati nel corso dell’indagine sono la mancanza di risparmi e di fiducia nel sistema finanziario. Ma anche, viene spontaneo aggiungere, la mancanza delle conoscenze di base per poter prendere decisioni informate.

Stando alle rilevazioni dell’ufficio studi Consob, il 21% degli intervistati non conosce nessuna delle nozioni proposte – inflazione, relazione rischio/rendimento, diversificazione, caratteristiche dei mutui, interesse composto, ma anche caratteristiche dei titoli obbligazionari. E appena il 2% definisce in modo corretto tutte le nozioni. Infine, circa il 34% del campione mostra un disallineamento fra conoscenze finanziarie reali e percepite (chi in positivo, chi in negativo). 


E cosa sanno gli italiani di prodotti SRI?

Perfettamente in linea con questo quadro, gli investimenti sostenibili e socialmente responsabili (SRI) sono ancora poco noti, con il 60% degli intervistati che dice di non averli mai nemmeno sentiti nominare, anche se negli ultimi due anni è cresciuta la familiarità con il tema. Tuttavia, la percentuale di persone con una conoscenza seppure elementare rimane piuttosto marginale e solo il 5% degli investitori dichiara di avere in portafoglio un prodotto SRI. 

Ma come si informano gli interessati? Le fonti prevalentemente utilizzate sono i media (giornali, radio e TV) e il web, mentre il ruolo del consulente finanziario rimane secondario, anche per il segmento degli investitori consapevoli.

Passando poi alla conoscenza dei tre fattori ESG (Environmental, Social, Governance), che caratterizzano l’approccio sostenibile e responsabile, circa il 40% degli intervistati non è in grado di esprimere un’opinione sull’importanza dei fattori ESG, mentre tra i restanti la maggiore attenzione e importanza è attribuita al fattore ambientale e al clima che cambia.

Quali sono le ragioni di questa ancora vaga consapevolezza? Chi si dice disinteressato indica come motivazioni dello scarso interesse l’assenza di risparmi da investire o il fatto di non aver mai ricevuto proposte di investimento in tal senso e, infine, una certa diffidenza nei confronti di questi prodotti. Anche se poi il 66% degli intervistati non è in grado di esprimere un’opinione sulle performance finanziarie di questa categoria di investimento.


Consulenti finanziari, una guida per gli investimenti

Quale conclusione trarre dal quadro che ha offerto l’ufficio studi Consob? Innanzitutto, dato il contesto generale di scarsa padronanza delle conoscenze e competenze in materia di investimenti, il consulente finanziario rappresenta più che mai una guida imprescindibile.

Il che vale anche per tutto ciò che concerne la galassia degli investimenti socialmente responsabili e dei criteri ESG: se c’è qualcuno che può aiutare l’investitore a conoscere e investire anche sui temi della sostenibilità, ebbene, questo è senza dubbio il consulente finanziario.

Peraltro, sempre secondo il rapporto Consob, la scelta di consultare un professionista genera soddisfazione: la maggior parte del campione tende a seguire sempre il consiglio ricevuto e, se non lo capisce, nella maggioranza dei casi cerca di approfondire rivolgendosi in primo luogo al consulente stesso. Una relazione di scambio e di fiducia, insomma, che può dare molto, anche in termini di accrescimento di quella cultura finanziaria che in moltissimi italiani ancora latita.