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Carbon farming, dalla teoria alla pratica

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Trasformare il suolo in una risorsa, utilizzando tutte le tecnologie digitali e di precisione disponibili per contabilizzare e certificare processi e pratiche agronomiche che possono favorire il sequestro di carbonio organico e ridurre le emissioni di gas climalteranti come la copertura permanente dei terreni con residui colturali, cover crop e colture intercalari, la riduzione dell’impiego di prodotti chimici di sintesi ad esempio con la gestione meccanica delle infestanti, la non lavorazione o minima lavorazione del terreno, l’agroforestazione, conversione delle superfici in prati permanenti o terreni a riposo. Tutto questo in un’ottica di sostenibilità non solo ambientale ma anche economica delle aziende agricole, che porti al riconoscimento dei crediti di carbonio. Un copione già scritto ma ancora da mettere in scena nelle campagne italiane, ma del quale, tuttavia, si cominciano a fare le prime prove.

Ma quindi sarà possibile in un futuro non troppo lontano fare della carbon farming una fonte di reddito?

La meta indicata dall’Unione europea di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 non è in discussione, semmai si può ragionare su quale strada percorrere per raggiungerla: ci si arriverà insieme agli agricoltori e con tempi adeguati. Una volta a regime il sistema prevede che i crediti di carbonio siano generati, certificati e inseriti in un registro nel quale si potranno vendere e comprare. Oggi in Italia l’agricoltura produce pochi crediti di carbonio, bisogna valutare bene quanto costa produrre e certificare un credito e poi capire a quale prezzo può essere venduto. Oggi il mercato è solo volontario ed è deregolamentato. Quindi la prospettiva c’è, l’attenzione ci deve essere, ma non bisogna pensare che in breve tempo si possano fare soldi con i crediti di carbonio. Un credito di carbonio equivale a una tonnellata di CO2 assorbita. Oggi i crediti di carbonio valgono poco meno di 11 euro l’uno e si calcola che un ettaro di terreno possa assorbire una tonnellata di anidride carbonica l’anno, quindi può generare al massimo un credito in dodici mesi.

Nella proposta di Regolamento presentata dall’Unione europea nel 2022 e già approvata da Parlamento e Consiglio, ci sono tutte le indicazioni per misurare e certificare il sequestro di carbonio. Però non basta, servirà un Regolamento delegato della Commissione che dovrebbe uscire a dicembre 2025 per poi partire con il mercato dei crediti di carbonio il primo gennaio 2026. Ma la carbon farming riguarda anche la zootecnia, che non può sequestrare carbonio, ma può adottare pratiche per ridurre le emissioni climalteranti.