Il valore del risparmio gestito
Lo spread va su, la Borsa va giù le agenzie di rating incombono con la revisione del loro giudizio sull’Italia. E gli italiani che hanno investito in prodotti di risparmio gestito si chiedono: quanto sono al sicuro i nostri risparmi? Domanda più che legittima. Ma se da una parte, in questo momento storico di grande apprensione e incertezza, un po’ di ansia è comprensibile, dall’altra – e tra poco vedremo perché – è in larga parte immotivata. Lo spiega bene il documento “Diversificazione, Trasparenza, Autonomia, Controllo e Solidità” dell’associazione italiana del risparmio gestito, Assogestioni, Fondi e SICAV: quali differenze?
Breve panoramica. Della famiglia del risparmio gestito fanno parte i fondi comuni di investimento e le SICAV (Società d’Investimento a Capitale Variabile), entrambi classificati nel nostro ordinamento come Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio (OICR). Un fondo comune di investimento è un veicolo creato da una società specializzata nella gestione dei risparmi (la SGR), nel quale confluiscono i soldi di risparmiatori di varia “stazza”, piccoli, medi e grandi. Le masse così formate vengono investite nei mercati finanziari mondiali – azionari, obbligazionari, valutari, eccetera – con il doppio vantaggio della delega a un gestore preparato e competente e di una diversificazione che permette a ogni risparmiatore di contenere il rischio incrementando le chance di guadagno. Benefici che offre anche la SICAV, vere e proprie società di cui i sottoscrittori divengono soci con tutti i relativi diritti (ad esempio il diritto di voto). Su entrambi i veicoli vigilano la Banca d’Italia e la CONSOB.
Il ruolo fondamentale del gestore
In entrambi i casi, come accennato, i soldi dei risparmiatori sono affidati a professionisti – i gestori, appunto – il cui lavoro consiste nell’investire con l’obiettivo di aumentare il valore del capitale. Un lavoro svolto non solo a tempo pieno – il risparmiatore che opta per il “fai-da-te” raramente può seguire i suoi investimenti H24 – ma anche, ed è questo l’aspetto ancor più importante, con tutte le conoscenze e le competenze necessarie, conoscenze e competenze che pochi risparmiatori in genere possiedono. Ai gestori spetta il compito di decidere quando e quali titoli comprare o vendere, ma non secondo il loro arbitrio: nel farlo, sono tenuti a rispettare il regolamento del fondo e a seguire le direttive della società di gestione. Altrettanto importante è il distributore del fondo d’investimento o della SICAV, che il più delle volte è una Banca o una rete di consulenti finanziari, la cui attività consiste nel consigliare gli investimenti sulla base della propensione al rischio e degli obiettivi di ciascun cliente.
Il default? Una eventualità molto remota
E veniamo al nostro tema. Nei momenti di crisi, la tentazione di uscire dall’investimento e scappare via veloci come il vento è forte. Ma ha senso? No. Perché seguire l’onda dell’emotività quasi sempre porta a risultati di cui poi ci si pente. Tanto più se il timore è quello del fallimento della società di gestione. Per legge, infatti, il patrimonio dei fondi è distinto da quello della SGR che li amministra. In più, il portafoglio è custodito da un soggetto distinto, la banca depositaria, che verifica che le operazioni di compravendita siano conformi al regolamento del fondo e alle norme vigenti. In ogni momento e in qualunque situazione, quindi anche in caso di fallimento della SGR o della banca depositaria, le quote del fondo rimangono al sicuro ed esclusivamente di proprietà dei risparmiatori. Un po’ diverso il discorso della SICAV: in questo caso, gli investitori sono anche azionisti della società. Tuttavia, il fallimento della SICAV resta un’eventualità molto, molto remota: considerata la diversificazione che la caratterizza, affinché avvenga un default dovrebbero fallire tutte le società e i governi i cui titoli sono confluiti nei comparti della SICAV.
Una diversificazione che protegge
Il grosso beneficio della diversificazione lo spiega bene Assogestioni nel documento “Diversificazione, Trasparenza, Autonomia, Controllo e Solidità”– “del grande crac di una singola impresa: il valore dei suoi titoli, azioni o obbligazioni, si riduce a zero e per i risparmiatori che li hanno comprati in proprio è un disastro totale. Essi, infatti, si ritrovano in mano carta straccia. Ma per i fondi che hanno quel titolo in portafoglio le conseguenze sul rendimento annuo sono assolutamente minime: un solo titolo in perdita, su cento o più titoli, incide pochissimo”.
E nel caso di uscita di un Paese Membro dall’UE con conseguente ridenominazione della valuta?
Il valore della quota (NAV) del fondo o del comparto rimane nella divisa del fondo, sia essa euro o dollaro USA, anche al verificarsi di casi estremi sul mercato (es. uscita di un Paese dall’area euro con conseguente ridenominazione della divisa). Al rimborso, il cliente potrebbe quindi ricevere quanto di sua spettanza nella nuova valuta nazionale o comunicare al collocatore un nuovo conto, in una valuta diversa.